- BY ISSIMO
- Ottobre 12, 2022

Un viaggio attraverso le varietà di pane più gustose del Bel Paese
Il cibo è un elemento centrale della cultura italiana. Fa parte del nostro patrimonio e del nostro modo di vivere, dei nostri momenti di convivialità e delle nostre conversazioni quotidiane (sul serio: possiamo passare ore a parlare di cosa mettere in tavola per un pasto qualsiasi, e intere settimane a pianificare i menu per i pranzi in famiglia o per le occasioni di festa).
Il cibo è anche uno degli aspetti più variegati del nostro Paese. Viaggiando da una regione all’altra e da nord a sud, è possibile imbattersi in infinite varianti di una determinata ricetta, ininnumerevoli tipi di spuntini locali e in prelibatezze che puoi trovare solo in determinate aree, periodi dell’anno o persino circoscritte a certi paesini.
Un esempio lampante è la grandissima varietà di tipi di pane (la pasta è solo al secondo posto).
Ogni tipo di impasto, da quelli più densi e morbidi a quelli sottili e croccanti, riflette quanto siamo diversi, eppure fondamentalmente uguali, oltre al fatto che, semplicemente, non possiamo vivere senza i nostri tanto amati carboidrati.
Sei pronto a infarinarti le mani mentre scopri con noi i tipi di pane più gustosi d’Italia?
Ecco cinque tipologie di pane per iniziare.
La Liguria e la focaccia genovese

Dorata e croccante, la focaccia genovese (“a fügassa” in dialetto genovese) è una vera e propria istituzione nel capoluogo ligure, Genova. La gente del posto ama iniziare la mattina con questa focaccia, intingendola nel cappuccino al posto dei classici biscotti, ma puoi trovarla in ogni caffè o panetteria durante tutto il giorno. Condita con olio d’oliva e sale grosso, deve essere alta almeno un dito, circa 2 cm, per essere considerata una buona focaccia, e mostrare una consistenza equilibrata tra croccantezza e morbidezza, friabilità e lucentezza.
Ma soprattutto non deve mai e poi mai essere gommosa.

PROVALA QUI: Marinetta dal 1946. Questo panificio è una vera istituzione a Genova sin dal 1946, e ogni mattina all’alba apre le sue porte per sfornare focacce fragranti e deliziosamente morbide.
Ordina quella classica, cioè semplice o con le cipolle, e preparati a diventarne dipendente.
L’Emilia-Romagna e la piadina

Il poeta italiano Giovanni Pascoli ha giustamente descritto la piadina (o, per usare le sue parole, piada) come un cibo “antico quasi quanto l’uomo” e il “pane nazionale dei romagnoli”. Aveva ragione da vendere.
Questa sottile focaccia non lievitata, solitamente preparata con farina bianca, strutto o olio d’oliva, sale e acqua, è un alimento fondamentale e simbolo dell’Emilia-Romagna, le cui origini risalgono al 1200 a.C. (ebbene sì, è antichissima!).
È facile capire il perché di tanta popolarità: preparata con ingredienti semplici, tipici della cucina povera, la piadina è sempre stata alla portata di tutte le tasche, un vero e proprio street food in anticipo sui tempi, oltre a essere anche estremamente versatile, il che la rende un comfort food senza troppe pretese.
Sebbene sia ormai onnipresente in tutto il Paese (e anche all’estero), la sua versione più autentica si trova lungo la costa adriatica, dove una moltitudine di sgargianti piadinerie servono la piadina fatta al momento, ancora calda, con il suo profumo che riempie l’aria di promesse di un pasto delizioso.
Esistono infinite varianti, troppe per elencarle tutte, ma gli intenditori di piadina ti diranno che se vuoi assaggiare la vera piada devi ordine quella classica: Squacquerone, prosciutto e rucola.
PROVALA QUI: Casina del Bosco, un chiosco a conduzione familiare che sforna piadine da oltre 25 anni e che a Rimini è un’istituzione amata da tutti.
Scegli tra molteplici varietà di ripieni e gustala seduto a uno dei tavolini all’aperto.

La Toscana e la schiacciata

Chiariamo subito una cosa: la schiacciata toscana viene spesso chiamata con nomi diversi. A seconda di dove ti trovi, la sentirai chiamare “ciaccia” (soprattutto ad Arezzo e in Valdichiana), “schiaccia”, “stiacciata” o, a Firenze, “schiacciata all’olio”, per distinguerla dalla schiacciata fiorentina, che in realtà è un dolce.
Come per la
piada,
si tratta di un impasto poco spesso e dai bordi croccanti, che nasce
come piatto tipico dei contadini
grazie ai suoi ingredienti umili
–
una combinazione di farina, lievito, olio d’oliva, acqua e sale – diventando una variante di pane tra le più amate
della Toscana,
con la sua
croccantezza e la sua consistenza inconfondibile (la focaccia, invece, è più umida e spessa).
Il
nome schiacciata parla da sé, e deriva
dal modo in cui viene modellata:
una volta lievitato l’impasto, i panettieri lo schiacciano nella teglia con le mani prima di spennellarlo con olio d’oliva, che conferisce ai bordi un aspetto quasi simile a quello dei cracker, mantenendo l’interno più soffice e pieno di bolle d’aria.
Per renderla più saporita e lucente, dopo la cottura si aggiungono generose quantità di olio extravergine d’oliva e di sale a scaglie, ed è perfetta come spuntino o stuzzichino da accompagnare all’aperitivo.

PROVALA QUI: Forno Giotto Alimentari a Chiesanuova, un piccolo paesino a mezz’ora da Firenze.
Qui la schiacciata viene sfornata tutto il giorno ed è buonissima sia semplice che ripiena (assaggiala con la finocchiona).
E vanta un pubblico di fedelissimi: indipendentemente dal giorno della settimana, c’è sempre una lunga fila di persone – tra cui molti fiorentini – in attesa di una fetta di questa stuzzicante focaccia.
Il Lazio e la pizza bianca

Simile alla schiacciata per aspetto e ingredienti, la pizza bianca è la variante di pane tipica del Lazio, e di Roma in particolare.
Archetipo dello street food della capitale italiana, la pizza bianca esiste fin dai tempi degli antichi romani, quando veniva abbinata ai fichi (cosa che si fa ancora oggi) e consumata a metà mattina come spuntino.
Da allora sono nati tanti modi diversi di gustarla, con una molteplice varietà di ripieni – la mortadella è l’abbinamento più tipico – ma la ricetta originale è rimasta pressoché invariata.
Una pizza bianca saporita e autentica si riconosce generalmente per la sua perfetta croccantezza e per la giusta quantità di sale sulla superficie, quanto basta a leccarsi le dita, oltre che per uno spessore meno pronunciato e un impasto leggermente meno oleoso rispetto alla schiacciata.
Nonostante si chiami pizza, viene sempre servita senza salsa o formaggio e condita con sale, olio d’oliva e, a volte, rosmarino.
PROVALA QUI: Forno Campo de’ Fiori, che si trova, come avrai intuito, proprio a Campo de’ Fiori.
Questo forno di lunga data è un’istituzione e uno dei punti di riferimento della città per quanto riguarda la pizza bianca croccante.

La Sardegna e il pane carasau

Consumato comunemente
in ogni angolo della Sardegna,
il pane carasau – o
pane carasatu,
pane carasadu,
pane fine,
pane ‘e fresa o
pane fatu in fresa
– è
un alimento base di questa splendida isola
e, come gli altri suoi omologhi, è un cibo piuttosto antico: gli storici hanno rintracciato prove della sua esistenza
anche prima del 1000 a.C.
Il suo nome deriva dal verbo sardo
carasare che significa “abbrustolire”,
sebbene in italiano sia chiamato anche
carta da musica,
per la sua forma larga e fina come la carta, che si dice sia così sottile prima della cottura che, guardando attraverso di essa, si riesca a leggere persino uno spartito.
Il pane carasau ha origini contadine: nel corso dei secoli, le donne lo preparavano abitualmente per gli uomini che lavoravano come pastori nelle campagne sarde, poiché poteva essere conservato a lungo senza perdere il sapore e la consistenza (se ben conservato, può durare fino a un anno).
Oggi è tipicamente servito con pecorino e vino, consumato così com’è, oppure ammorbidito con acqua per essere utilizzato nella preparazione di involtini ripieni di salumi e formaggi freschi.

PROVALO QUI: Kentos. Questo panificio a conduzione femminile di Orroli, nel sud della Sardegna, produce uno dei migliori carasau in circolazione, utilizzando solo semola di grano duro sarda biologica, lievito e cuocendo il tutto in forno a legna.