- BY ISSIMO
- Febbraio 27, 2025

Donatella Cinelli Colombini è una figura di spicco nel panorama vinicolo italiano. Ha dedicato la sua carriera a migliorare la qualità e l’innovazione del settore, ma soprattutto a incoraggiare le altre donne a farne parte.
Lo ha fatto fondando Casato Prime Donne, la prima azienda vinicola italiana interamente gestita da donne, che nel tempo ha saputo reinterpretare la tradizione, rimanendo fedele al ricco patrimonio vitivinicolo toscano.
La sua profonda conoscenza del Sangiovese e il suo impegno per la sostenibilità hanno reso il Brunello di Montalcino della sua cantina tra i vini più apprezzati al mondo contribuendo al successo di tutte le etichette della tenuta. Ma il suo contributo va oltre la produzione di vino: ha dato un impulso fondamentale all’enoturismo in Italia, con iniziative come il progetto Cantine Aperte e le sue bellissime Fattorie del Colle, un’oasi di ospitalità che offre esperienze culturali immersive incentrate sul vino e sulla vita in campagna.
Desideri saperne di più? Qui, la straordinaria Donatella Cinelli Colombini ci racconta il suo lavoro, la sua visione e, naturalmente, i suoi vini.
Hai preso le redini dell'azienda vinicola di famiglia nel 1998. Hai sempre saputo che avresti lavorato nel settore del vino?
No, da giovane volevo fare la storica d’arte. Mi sono occupata di arti minori specializzandomi negli orafi senesi medioevali. Fare ricerca è un lavoro bellissimo perché ti permette di confrontarti con studiosi di tutto il mondo e ti fa conoscere luoghi e persone meravigliosi.
Lo stesso anno in cui hai preso in mano l’azienda, hai cambiato il nome della tenuta da Casato a Casato Prime Donne, fondando quella che è tutt’oggi l'unica azienda vinicola italiana interamente gestita da donne. Com’è nato questo progetto? Avevi già in mente di formare un team tutto al femminile?
Quando mia madre mi dette il podere Casato a Montalcino, era poco più di un rudere da ricostruire, circondato da vecchi vigneti. Il numero di investimenti necessari era enorme e, per aiutarmi, mia madre mi dette del vino Brunello ancora in botte: piccole quantità di quattro annate che richiedevano cure quotidiane ma che furono fondamentali perché mi avrebbero consentito di iniziare a commercializzare con il mio brand.
Avevo bisogno di un cantiniere e lo cercai all’Istituto Ricasoli di Siena. Quando chiesi: “C’è un bravo enotecnico da assumere?”, mi risposero di no. Tuttavia, quando precisai che avrei preso volentieri una studentessa donna, la risposta fu diversa: ”Di quelle ce n’è quante ne vuole, perché le buone cantine non le vogliono”.
Questo episodio mi rivelò una discriminazione talmente antica, diffusa e “normale” da risultare invisibile persino a me stessa. Questa consapevolezza ha portato alla creazione di Prime Donne, un progetto che si compone di una cantina con un organico di sole donne, un Brunello dedicato alle consumatrici donne e un premio che valorizza chi incarna un nuovo ruolo della donna nella società e nel lavoro.
Parlaci della tua altra tenuta, la Fattoria del Colle.

La Fattoria del Colle è come un piccolo borgo costruito nel 1592 dai miei antenati. Molti di loro erano protestanti e questo, probabilmente, portò alla rovina della famiglia. La fattoria fu riacquistata nel 1919 dal mio bisnonno Livio Socini, quasi per caso.
Oggi le case degli antichi contadini sono state trasformate in appartamenti, ville e camere per gli ospiti. La tenuta ha anche un ristorante, una sala per ricevimenti, una scuola di cucina, un’area benessere, tre piscine e quattro parchi. Naturalmente c’è anche la villa, una cappella e una cantina, anch’essa gestita da donne, e i vigneti e gli oliveti circostanti, per un totale di 336 ettari. Inoltre, ci sono anche cinque riserve tartufigene dove cresce il tartufo bianco.
Qual è stato uno dei momenti più gratificanti della tua carriera?
Presentare il mio Brunello alla Wine Experience del Wine Spectator. Raccontare la mia storia e il mio vino davanti a 1000 persone mi ha fatto tremare le gambe anche perché davanti a me avevo i più influenti opinion leader del mondo.
Quali sono gli aspetti del tuo lavoro che ami di più?
Mi piace aprire nuove strade verso il futuro. L’ho fatto fondando Cantine Aperte e promuovendo il turismo del vino in Italia. Poi, con l’introduzione del trekking urbano, che ha ridisegnato gli itinerari turistici nelle città d’arte. Infine, con le Donne del Vino che sotto la mia presidenza sono diventate la più grande e organizzata associazione di vino al femminile nel mondo.
La mia ultima sfida è con l’olio extravergine di oliva. Voglio riportarlo negli orci di terracotta centenari. Non siamo ancora riusciti a risolvere tutti i problemi pratici, ma siamo certi che questo progetto darà all’olio extravergine di Trequanda un carattere distintivo, aiuterà a preservare gli oliveti storici e creerà nuove opportunità per i piccoli agricoltori locali.
Come si è evoluto Casato Prime Donne nel corso degli anni, e come è cambiata Donatella Cinelli Colombini come brand?
All’inizio il nostro mercato era principalmente italiano. Poi, grazie a molti viaggi, investimenti e perseveranza, siamo riusciti a espanderci. Ora esportiamo il 70% del nostro vino e vendiamo il 16% direttamente dalla cantina. Oggi siamo presenti in 46 Paesi e abbiamo 10 vini con rating internazionali superiori a 90 centesimi.

Hai un vino preferito? Perché?
Il fiore all’occhiello della nostra tenuta è senza dubbio il Brunello “Prime Donne”, prodotto da donne e selezionato da un panel di quattro degustatrici di fama internazionale. È quasi una bandiera per l’enologia al femminile.
Tuttavia, il vino che mi è più caro si chiama Cenerentola ed è una DOC Orcia. Si tratta di una nuova denominazione nata nel 2000 fra i territori del Brunello e del Vino Nobile, le due “sorellastre” più ricche della giovane Orcia DOC. Per produrre Cenerentola, abbiamo recuperato un antico vitigno quasi estinto, il Foglia Tonda, che proprio grazie ai nostri sforzi ha trovato una nuova giovinezza. Oggi Cenerentola ha raggiunto i 93/100 nelle valutazioni della stampa enologica internazionale e ha un crescente successo commerciale. La gente ama il vino, ma anche la sfida coraggiosa che c’è dietro: una giovane DOC che affronta con coraggio il mercato estero e fa rinascere un vitigno autoctono.
Cosa rende un vino davvero memorabile?
La sua eccezionalità – un mix di qualità intrinseca, rarità e prestigio, unite a un momento straordinario in cui viene consumato.
Ad esempio, un grande vino creato in edizione limitata per il brindisi di nozze di una coppia diventa un vino memorabile, non solo per la sua eccellenza, ma per il significato del momento.