- BY ISSIMO
- Febbraio 20, 2024
Uno stile che lascia il segno: l’astrazione immersiva di Giorgio Griffa
Lasciati travolgere dalle opere d'arte più romantiche d'Italia
Policromo verticale, Giorgio Griffa 1968. 240 x 360 cm.
I dipinti di Giorgio Griffa rappresentano di per sé un linguaggio universale. L’astrattista italiano ha dedicato la sua carriera a esplorare il ruolo che l’arte svolge nell’aiutarci a comprendere noi stessi e il mondo che ci circonda. Ispirati dai ritmi, dai processi e dalle complessità della vita che trovano forma nelle sue pennellate, i dipinti di grandi dimensioni di Griffa immergono gli spettatori in un’esperienza di materialità che sembra, in qualche modo, eterna. Le sue opere continuano a lasciare il segno nel panorama dell’arte contemporanea mondiale.
Dalla tecnica tradizionale all'espressione astratta
Nato a Torino nel 1936, Griffa ha amato la pittura fin da bambino. Già da ragazzo riteneva che la pittura dovesse rispecchiare l’esperienza della cultura e della vita che si svolge intorno a noi. Dopo una prima e breve carriera come avvocato, Griffa assiste l’artista italiano Filippo Scroppo, che dipinge opere figurative e astratte. Attraverso il processo di osservazione e apprendimento da Scroppo, Griffa fu inizialmente spinto a dipingere in uno stile più formale e tradizionale. Alla fine degli anni ’60, tuttavia, venne attratto dall’esplorazione del fascino espressivo dell’astrazione.
Giorgio Griffa mentre installa una delle sue tele (1970). Foto di Paolo Mussat Sartor
Dipinte su tele di grandi dimensioni, le composizioni di Griffa hanno sfidato la categorizzazione secondo i canoni dell’arte contemporanea. Mentre le sue prime opere sono state associate a movimenti come il Minimalismo, l’Arte Povera e, più tardi, l’Action Painting, l’artista ha continuato a forgiare un proprio stile basato su un rapporto fondamentale con i materiali. Griffa percepisce la propria mano come “serva” nel processo che si svolge sulla tela, riflettendo i ritmi, i modelli e le complessità della vita che egli esplora con la sua intuizione sensoriale. Nel corso della sua carriera, Griffa ha presentato le sue opere sulla scena mondiale in occasione di diverse importanti mostre internazionali, tra cui la Biennale di Venezia (1978, 1980 e 2017).
Definire una firma stilistica
Un’opera d’arte di Giorgio Griffa è immediatamente riconoscibile per chiunque abbia familiarità con il suo stile caratteristico. Spesso dipinge le sue opere in ginocchio sul pavimento, iniziando con una grande tela non tesa che alla fine si trasforma con le proprie caratteristiche organiche, diventando parte dell’opera stessa. L’approccio di Griffa all’astrazione è come un “diario” o una registrazione delle sue riflessioni, emozioni e osservazioni, espresse nella ripetizione di linee e segni. Alcuni spettatori vedono nel lavoro di Griffa la semplicità assoluta, altri la verità artistica assoluta, altri ancora entrambe.
“Nel corso della sua pratica, Griffa ha cercato di eliminare tutte le parti superflue della pittura e di riportarla al suo essere e alla sua essenza. È possibile vedere questa fluidità in un processo, nella sua maniera di lavorare, e la dedizione a questo processo è palpabile nelle sue opere dagli anni Sessanta a oggi”, ha dichiarato la curatrice d’arte e scrittrice britannica Sophie J. Williamson.
Con i suoi gialli luminosi e i toni pallidi del rossiccio, del verde acqua e del corallo che sfiorano il pastello, la tavolozza dei colori di Griffa sembra irradiare un senso di leggerezza e di possibilità che è in definitiva edificante – almeno per noi! Quando si ammira una delle sue opere da vicino in una galleria o in un museo, si nota la consistenza semi-traslucida dei suoi pigmenti, un effetto che ottiene diluendo i suoi colori con l’acqua.
Che si tratti di file di macchie tonali nel suo dipinto Segni orizzontali (1975), di un arcobaleno di cerchi concentrici in Quasi una spirale (2008), Griffa usa il colore per coinvolgerci nelle sue opere, incoraggiandoci ad attribuire a ciascun dipinto il nostro significato, in base alle nostre esperienze di vita e alla nostra percezione del mondo circostante.
L'effetto Griffa
“Giorgio si considera davvero parte di un’eredità lunga 400.000 anni legata alla creazione di segni e alla pittura, e vede nel tratto, nella pennellata o nella linea della matita un segno che è ubiquitario, ma accessibile a tutta l’umanità”, afferma Sophie J. Williamson, riflettendo sull’eredità dell’opera e dello stile artistico di Griffa.
Il pennello di Griffa “parla” a ciascuno di noi in modi molto diversi, e lo fa da decenni. Con un lungo elenco di mostre monografiche internazionali a partire dagli anni ’60, le opere dell’artista sono presenti anche in
collezioni pubbliche presso le maggiori gallerie internazionali, tra cui il Castello di Rivoli (Torino), il Centre d’Art Contemporain (Ginevra), il Dallas Museum of Art (Dallas), la Galleria d’Arte Moderna (Roma), la Obayashi Foundation (Tokyo) e la Tate Modern (Londra).
Il suo stile artistico e il suo approccio alla creazione di segni continuano ad esistere in una categoria a sé stante, esplorando il potenziale apparentemente eterno di linee, tratti e segni come parte di un linguaggio visivo che cerca di catturare anche le sfumature più sottili del mondo che ci circonda.