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I 25 anni di Dissonanze

4 Settembre 2025

I 25 anni di Dissonanze

Torna il rivoluzionario festival di Roma in onore del suo fondatore

Quando Dissonanze ha debuttato a Roma nel 2000, in Italia non si era mai visto nulla di simile. Festival pionieristico di musica elettronica, arte digitale e sperimentazione, ha introdotto il pubblico italiano a un mondo che, fino ad allora, sembrava esistere solo all’estero.

Per Marie Louise Sciò, che all’epoca era la compagna del fondatore Giorgio Mortari e ha condiviso con lui i primi anni del festival, Dissonanze non era solo un semplice evento. “È iniziato 25 anni fa, quando io e Giorgio stavamo insieme”, ricorda. “Era incredibile, innovativo – un evento pionieristico per aver portato in Italia qualcosa che aveva già risonanza a livello internazionale. La primissima edizione sembrava quasi un mini-festival di musica elettronica tedesca, poi l’evento è cresciuto fino a diventare qualcosa di molto più grande, ottenendo anche un riconoscimento internazionale. Ha portato la musica elettronica e l’arte digitale in Italia in un momento in cui qui non esisteva nulla di simile”.

In men che non si dica, il festival è diventato un punto di riferimento culturale, a Roma e non solo. “Per la città era un appuntamento imperdibile”, dichiara Sciò. “Anche altri festival all’estero prendevano Dissonanze come punto di riferimento. Giorgio aveva un occhio straordinario nel riconoscere i talenti: molti degli artisti che oggi sono famosissimi, lui li aveva già invitati 25 anni fa. Era un evento di nicchia, sì, ma ha avuto un impatto enorme”.

Dopo la prematura scomparsa di Giorgio, il festival si è fermato. Ma quest’anno, grazie ad Andrea Pelino – amico intimo di Giorgio e profondo conoscitore del suo lavoro – Dissonanze tornerà a Roma il 20 e 21 settembre all’Auditorium Parco della Musica. Per Sciò, rivedere quel nome ha un significato profondo: “Mi commuovo solo a leggerlo. Per me e per nostro figlio, è un modo per onorare Giorgio e la sua visione. Andrea mi ha spiegato chiaramente le sue intenzioni, e io ne sono stata entusiasta. È la persona giusta per portare avanti questo progetto”.

Dissonanze, dunque, non viene semplicemente riproposto. Viene celebrato per la visione che ha incarnato, per lo spazio che ha aperto in Italia e per l’impronta culturale che ha lasciato su un’intera generazione romana. “È stato un festival che ha segnato un’epoca”, riflette Sciò. “Se fosse continuato, sarebbe potuto diventare uno dei più importanti al mondo. Ancora oggi ci ricorda il valore dell’eccellenza, del non accontentarsi, dell’andare oltre il mainstream. Perché non tutto deve per forza essere mainstream”.

Abbiamo incontrato Andrea Pelino per parlare dell’eredità di Giorgio, dell’evoluzione del festival e del perché, oggi più che mai, Roma ha bisogno di Dissonanze.

Cosa significa per te riportare Dissonanze dopo 25 anni?

Dissonanze apparterrà sempre a Giorgio. È stato lui a crearlo, e nessuno potrà mai replicare il suo lavoro. Per me, questa rinascita è innanzitutto una celebrazione di Giorgio – della sua visione, delle sue scelte musicali, della sua capacità di unire le persone.

Ero molto vicino a lui personalmente: eravamo amici da ben prima che diventassimo collaboratori. Quando ho lavorato con lui all’Auditorium, abbiamo persino riportato Björk a Roma dopo molti anni di assenza. Per me, quindi, prendere le redini di Dissonanze oggi è sia un onore che una responsabilità personale. Non passa giorno in cui non ne senta l’importanza.

Com’è cambiato il festival rispetto ai primi anni?

All’inizio, Dissonanze era un’esperienza di una sola notte: stanze buie, luci stroboscopiche, musica fino all’alba. Oggi, invece, i festival sono diversi. Si svolgono su più giornate, spesso all’aperto, e il pubblico si aspetta molto di più che una semplice performance musicale. Abbiamo quindi dovuto adattare il format: Dissonanze 25 sarà un evento diurno, con diversi spazi e installazioni, e offrirà un’esperienza più ampia.

Dal punto di vista musicale, strizziamo l’occhio sia al passato che al futuro. Abbiamo riportato alcuni artisti che hanno segnato la storia del festival, ma anche giovani talenti che lo stesso Giorgio avrebbe scelto se fosse stato qui. Si tratta di mantenere intatto il DNA del festival, pur aprendolo alle nuove generazioni.

Che ruolo giocano l’arte digitale e le immagini in questa edizione?

Un ruolo sempre essenziale. Giorgio ha spinto Dissonanze oltre la musica, entrando nel campo della cultura digitale e dell’arte multimediale. Noi stiamo continuando su questa strada: lavoriamo con visual artist e lighting designer, creando anche installazioni al museo MACRO dopo il festival, per espandere quell’aspetto della storia.

All’Auditorium, ci concentreremo sulla luce – modi ingegnosi e brillanti per esaltare l’architettura delle cupole senza sovrastare la musica. Secondo me, è proprio il dialogo tra suono, immagini e spazio a dare a Dissonanze la sua identità.

Qual è la sfida più grande nel riportare in vita Dissonanze?

In tutta onestà, credo che la sfida più grande sia quella di dimostrarsi all’altezza dell’eredità di Giorgio. Il mondo della musica è cambiato radicalmente negli ultimi dieci anni. I DJ sono diventati superstar con cachet altissimi, i costi di produzione sono schizzati alle stelle. Allo stesso tempo, il pubblico è più frammentato. Alcune delle persone che amavano Dissonanze vent’anni fa, ormai non escono più.

La sfida è quindi quella di trovare un equilibrio: mantenere un approccio sperimentale e privo di compromessi, ma attirare comunque un pubblico più giovane, facendo in modo che il festival risulti ancora vivo e attuale. Non possiamo permetterci di essere semplicemente nostalgici, ma non possiamo nemmeno svenderci.

E guardando al futuro, dove vedi Dissonanze?

Questa edizione è un punto di partenza, un modo per riunire la comunità che ha costruito Dissonanze e per avvicinare un nuovo pubblico. Da qui vogliamo evolverci: più collaborazioni, più progetti multimediali, nuovi artisti al momento giusto.

Lavorare con Umberto, il figlio di Giorgio, mi dà molta energia. Lui è ben deciso a portare avanti la visione di suo padre, e questa determinazione motiva anche me. Se questa edizione avrà successo – come credo – continueremo a portare avanti questo progetto, passo dopo passo.

Infine, perché qualcuno dovrebbe venire a Dissonanze?

Perché a Roma se n’è sentita la mancanza. Ad oggi, in Italia non esistono altri festival come questo – eventi coraggiosi che propongono musica elettronica sperimentale e arte digitale, senza compromessi.

A Dissonanze non si sceglie un semplice intrattenimento; si sceglie la musica come espressione artistica, il suono come mezzo d’esplorazione e la comunità come forma di cultura. È questo che lo ha reso speciale all’epoca, ed è ciò che vogliamo riportare in auge ora.

Dissonanze si svolgerà all’Auditorium Parco della Musica il 20 e 21 settembre. Acquista il tuo biglietto qui.

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