Perché è importante
Il primo film a colori di Antonioni, presentato in anteprima a Venezia, riscrisse all’istante la grammatica visiva del cinema. Anziché trattare il colore come un elemento decorativo, lo usò come strumento psicologico: fece ridipingere interi edifici con tonalità tenui per rispecchiare il tumulto interiore di Giuliana. Questo tipo di cinema era pura arte moderna – astratto, simbolico, inquietante. La performance di Monica Vitti nei panni di Giuliana divenne un’icona dell’angoscia esistenziale del dopoguerra, mentre l’approccio di Antonioni influenzò registi come Wim Wenders e Sofia Coppola. Nel 1964, Il Deserto Rosso sembrava un messaggio dal futuro, come a catturare l’alienazione prodotta dalla modernità. Oggi suona stranamente profetico: la sua visione dell’alienazione industriale potrebbe essere tratta da qualsiasi dibattito sul cambiamento climatico. Venezia, città in perenne equilibrio tra bellezza e fragilità, fu il palcoscenico perfetto per questo debutto.