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Venezia su pellicola: sette anteprime italiane che hanno fatto la storia

June 11, 2025

Venezia su pellicola: sette anteprime italiane che hanno fatto la storia

Questi film italiani hanno debuttato alla Mostra del Cinema di Venezia, segnando una svolta nella storia del cinema

La Serenissima non danza solo sui suoi incantevoli canali, ma si libra anche nell'atmosfera magica del cinema! Dal 1932, la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia stende il suo tappeto rosso sul Lido, diventando così il più antico festival cinematografico del mondo (e probabilmente il più glamour). Tra anteprime scandalose e capolavori che hanno rivoluzionato il linguaggio cinematografico, Venezia è da sempre il palcoscenico dove il cinema italiano si presenta al mondo. Alcuni film hanno abbagliato con il loro sfarzo, altri hanno sussurrato con delicatezza, ma ognuno ha portato con sé una visione decisamente italiana della vita: cruda, poetica, e spesso un po’ indomita. Ecco sette film che non solo hanno debuttato a Venezia, ma hanno anche cambiato per sempre la storia del cinema.

1. La Terra Trema (1948, regia di Luchino Visconti)

Trama

Nel villaggio di pescatori di Aci Trezza, in Sicilia, la famiglia Valastro contrae un prestito per acquistare una barca e liberarsi dallo sfruttamento dei grossisti locali. Ma ben presto il loro sogno si sgretola sotto il peso dei debiti, delle tradizioni e della sfortuna, lasciandoli ancora più vulnerabili. Girato con attori non professionisti che parlano in dialetto siciliano, La Terra Trema è tanto un documentario realistico quanto un’opera di finzione.

Perché è importante
Presentato anch’esso in anteprima a Venezia, il film – seconda opera di Visconti dopo Ossessione – porta il Neorealismo ai suoi limiti estremi. L’uso rivoluzionario di abitanti reali del villaggio al posto di attori professionisti scioccò il pubblico dell’epoca, ma riuscì a donare al film una struggente autenticità. Non era semplicemente una storia, ma un ritratto vivido di povertà, resilienza e sfruttamento. Pur non avendo avuto successo al botteghino, La Terra Trema resta un’opera monumentale, una testimonianza del potere del cinema come critica sociale. Visconti non usa la Sicilia come semplice sfondo: la trasforma in protagonista, dando voce a un’umanità spesso invisibile. La sua influenza la si ritrova nei grandi autori italiani venuti dopo di lui, ma anche nel cinema d’autore internazionale.

2. La grande guerra (1959, regia di Mario Monicelli)

Trama

Due soldati scansafatiche, interpretati da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, vengono arruolati durante la Prima Guerra Mondiale e passano la maggior parte del tempo cercando di evitare ogni responsabilità. Codardi, cinici e opportunisti, sono ben lontani dagli eroi a cui il cinema italiano aveva abituato il pubblico – finché un inaspettato atto di coraggio ribalta tutto.

Perché è importante
Presentata in anteprima a Venezia, la commedia bellica (e anti-eroica) di Monicelli segnò una svolta nel cinema italiano. Scalzando il mito patriottico a favore di una satira pungente, il film ritrae l’Italiano medio non come martire, ma come essere imperfetto, divertente e dolorosamente umano. Questo genere di umorismo era rivoluzionario, per l’epoca: il pubblico rideva della guerra mentre ne affrontava la futilità. Il film vinse il Leone d’Oro, condividendo il premio con Il generale Della Rovere di Rossellini, e ricevette anche una nomination agli Oscar. Dimostrò che la commedia poteva avere lo stesso peso politico e culturale della tragedia, consacrando la “Commedia all’italiana” come genere di riferimento per l’Italia dell’epoca.

3. Il Deserto Rosso (1964, regia di Michelangelo Antonioni)

Trama

Giuliana, moglie di un direttore di stabilimento nella Ravenna industriale, vaga in una nebbia di alienazione e angoscia. Il paesaggio inquinato – ciminiere, rifiuti chimici, cieli grigio acciaio – riflette il suo stato mentale, mentre cerca un senso in un mondo sempre più dominato da macchine e uomini.

Perché è importante
Il primo film a colori di Antonioni, presentato in anteprima a Venezia, riscrisse all’istante la grammatica visiva del cinema. Anziché trattare il colore come un elemento decorativo, lo usò come strumento psicologico: fece ridipingere interi edifici con tonalità tenui per rispecchiare il tumulto interiore di Giuliana. Questo tipo di cinema era pura arte moderna – astratto, simbolico, inquietante. La performance di Monica Vitti nei panni di Giuliana divenne un’icona dell’angoscia esistenziale del dopoguerra, mentre l’approccio di Antonioni influenzò registi come Wim Wenders e Sofia Coppola. Nel 1964, Il Deserto Rosso sembrava un messaggio dal futuro, come a catturare l’alienazione prodotta dalla modernità. Oggi suona stranamente profetico: la sua visione dell’alienazione industriale potrebbe essere tratta da qualsiasi dibattito sul cambiamento climatico. Venezia, città in perenne equilibrio tra bellezza e fragilità, fu il palcoscenico perfetto per questo debutto.

4. Vaghe stelle dell’Orsa (1965, regia di Luchino Visconti)

Trama

Sandra (Claudia Cardinale) torna nella casa di famiglia a Volterra insieme al marito americano, ma il viaggio si trasforma in un confronto con oscuri segreti: la morte del padre in un campo di concentramento e il legame quasi morboso con il fratello.

Perché è importante
Vincitore del Leone d’Oro nel 1965, Vaghe stelle dell’Orsa segnò il passaggio di Visconti dal Neorealismo al melodramma psicologico. Il film intreccia traumi familiari, tensioni politiche e suggestioni da tragedia greca, riflettendo il difficile rapporto dell’Italia con la memoria della guerra e la sua storia repressa. L’interpretazione magnetica di Claudia Cardinale e la capacità di Visconti di unire stile sontuoso e temi scomodi resero il film una pietra miliare. Per Venezia è stata la prova che il cinema italiano poteva evolversi – dalle strade assolate della Sicilia in La Terra Trema agli interni intimi e ombrosi di Vaghe stelle dell’Orsa – senza mai perdere il suo mordente.

5. La leggenda del santo bevitore (1988, regia di Ermanno Olmi)

Trama

Andreas, un senzatetto di Parigi, riceve 200 franchi da uno sconosciuto, con la semplice richiesta di restituirli a una chiesa “quando potrà”. Lui ci prova, ma il caso, la fragilità e il destino si mettono sempre di mezzo. I suoi incontri con vecchie conoscenze, amori perduti e sogni sfumano il confine tra miracolo e fallimento.

Perché è importante
Già amatissimo per Il Posto e L’albero degli zoccoli di legno, Olmi conquista il Leone d’Oro a Venezia con questo capolavoro della maturità. Tratto da una novella di Joseph Roth, il film è sobrio, delicato e profondamente umano. La sua forza sta proprio nella semplicità: la storia di un uomo alla deriva che si confronta con la grazia, in un’epoca in cui il cinema italiano faticava a tenere testa alla supremazia hollywoodiana. La vittoria veneziana confermò la rilevanza globale degli autori italiani anche negli anni Ottanta, dimostrando che una narrazione intima e morale poteva ancora toccare il cuore del pubblico. La struggente interpretazione di Rutger Hauer rimane una delle più intense della sua carriera, e la vittoria di Olmi a Venezia ha ricordato che la forza del cinema italiano risiede spesso nella sua umiltà.

6. Così ridevano (1998, regia di Gianni Amelio)

Trama

Anni Cinquanta. Due fratelli siciliani si trasferiscono a Torino. Giovanni, il maggiore, accetta lavori umili per sostenere gli studi del fratello Pietro, ma quest’ultimo fatica a tenere il passo, e il loro legame si trasforma sotto il peso del sacrificio, della vergogna e della speranza.

Perché è importante
Vincitore del Leone d’Oro nel 1998, il film di Amelio è una profonda riflessione sulla migrazione interna e sul prezzo – in termini umani – del boom economico italiano del dopoguerra. In un periodo in cui il cinema italiano veniva spesso considerato in declino rispetto alla sua età dell’oro, Così ridevano dimostrò che il nostro cinema era ancora capace di raccontare storie intime e socialmente consapevoli in una dimensione globale. Il suo trionfo a Venezia fu accolto da qualche polemica – alcuni critici auspicavano un vincitore più appariscente – ma rafforzò l’identità del festival come spazio che privilegia la sostanza rispetto al mero spettacolo.

7. È stata la mano di Dio (2021, regia di Paolo Sorrentino)

Trama

Nella Napoli degli anni Ottanta, la vita dell’adolescente Fabietto cambia per sempre per due ragioni: l’arrivo di Diego Maradona al Napoli e una tragedia personale che sconvolge la sua famiglia. Tra dolore e meraviglia, il cinema diventa la sua ancora di salvezza.

Perché è importante
Il film più intimo di Sorrentino debutta a Venezia e conquista il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria. Diverso dall’opulenza barocca de La grande bellezza, questo film è un racconto autobiografico, essenziale e struggente. Per il cinema italiano è stato un segnale di continuità e di rinnovamento: un autore contemporaneo che guarda dentro di sé pur parlando a un pubblico universale. Distribuito in tutto il mondo da Netflix, il film ha portato il racconto italiano in milioni di case, confermando l’importanza del festival come ponte tra la tradizione e il futuro del cinema.

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